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06.11.2012
Essere donna con disabilità in India

Sono 650 milioni le persone con disabilità nel mondo: molte fanno fatica a trovare un'occupazione. E le donne 'subiscono talvolta una doppia discriminazione: a motivo del genere e a causa dell'handicap, fisico o psichico. Uno stigma molto forte e duro a morire'. Così la riabilitazione comunitaria diventa una strategia vincente per favorire l'inclusione sociale, come racconta la giornalista Laura Badaracchi nel volume 'Nate invisibili. Voci emerse dal silenzio', edito dalle Paoline (vedi lancio precedente).

L'autrice racconta, fra le altre, la storia di Putlingamma, che vive nel distretto di Mandya (Stato di Karnataka, India). Qui da circa un decennio l'Aifo (Associazione italiana amici di Raoul Follereau), sostiene due progetti di riabilitazione su base comunitaria (rbc) 'a favore di circa 22 mila persone fisicamente o psichicamente disabili. La vera innovazione sta nell'operare in ambito locale per garantire ai disabili l'accesso a tutti i servizi necessari e presenti nella sua comunità. Si parte sempre dalla sensibilizzazione della famiglia e della comunità di appartenenza (enti locali, associazioni, gruppi, chiese, scuole ecc.), formare figure che sostengano questa metodologia'. Così la rbc viene attuata 'attraverso l'insieme degli sforzi delle stesse persone disabili, dei loro familiari e delle comunità, e attraverso adeguati servizi sanitari, educativi, professionali e sociali', riferisce Sunil Deepak, medico dell'Ufficio attività scientifiche Aifo, che in una ricerca ha valutato l'impatto del progetto di rbc dal punto di vista delle persone disabili del distretto di Mandya 'per capire le barriere che circondano la loro vita'.

'Sono nata senza le gambe. In famiglia, mia nonna mi apostrofava: 'Perché non muori' Sei solo un peso per noi', ma mio padre mi voleva bene. Lui mi diceva che dovevo studiare ' racconta Putlingamma '. Uno dei miei zii mi portava a scuola sulle sue spalle; poi, quando sono cresciuta un po', mi accompagnava su una bicicletta. Nel villaggio, quando uscivo di casa, qualcuno mi prendeva in giro, ma facevo finta di non sentirli. A casa facevo tutti i lavori'.

Dopo la scuola elementare, la bambina interrompe gli studi: 'Non era possibile frequentare la scuola media, perché era troppo lontana. Da allora sono rimasta a casa. Mi occupavo di cucinare e pulire. Tre anni fa il progetto di riabilitazione comunitaria mi ha aiutato a ricevere una sedia a rotelle e la pensione governativa. Poi, nell'aprile 2010, mi hanno chiesto di partecipare alla ricerca: avevo 27 anni. Provavo molta paura. Non ero mai uscita dal mio villaggio; ormai, da tanto tempo, non uscivo neppure fuori di casa perché non abbiamo strade nel villaggio e girare con la sedia a rotelle è molto difficile'. Infine, la ragazza trova il coraggio di partecipare alle riunioni: 'Ho iniziato a parlare con gli altri, scoprendo tanti amici e le loro storie. Per me la ricerca era un'opportunità per uscire fuori di casa e fuori dal villaggio. Ho imparato come farlo, come gestire la mia vita, come pensare agli altri e alla società, come andare in banca e gestire la mia pensione e tante piccole cose simili'.

(Fonte: Redattore Sociale, 5 novembre 2012)



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